Rezza, malattia in Congo ancora limitata ma si aspetta diagnosi
"Preoccupa alta letalità, capire se è un elemento noto o nuovo"
"Non siamo ancora in una situazione di allarme, che si avrebbe in caso di presenza di un elemento diagnostico nuovo. Se fosse chiaro che l'intera popolazione è suscettibile e fosse conosciuta la modalità di trasmissione (ad esempio per via aerea), allora ciò costituirebbe un allarme. Ma al momento si tratta di una situazione circoscritta in una zona ristretta, sicuramente molto grave per l'area interessata. La letalità appare molto alta, circa un terzo sulle oltre 370 persone colpite. Ricorda quanto si osserva per la febbre emorragica, ma i sintomi sono molto diversi". Così Giovanni Rezza, professore di igiene e sanità pubblica presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, già dirigente di ricerca dell'Iss, rispetto alla misteriosa malattia che ha causato oltre 140 vittime in poco più di un mese nel sud-ovest della Repubblica Democratica del Cingo (RdC). I casi sono stati segnalati nella regione di Panzi, a circa 700 km a sud-est della capitale Kinshasa. La maggior parte delle persone decedute ha un'età compresa tra i 15 e i 18 anni, e i sintomi includono febbre, mal di testa, raffreddore e tosse, difficoltà respiratorie e anemia. "La diagnosi è molto difficile, si tratta di aree diverse dall'Europa o dalla Cina. Occorre attendere che i campioni siano trasferiti almeno al laboratorio attrezzato di Kinshasa, se non ad altri centri più specializzati con il supporto dell'Organizzazione mondiale della sanità. Lì si capirà se si tratta di una patologia batterica nota, come quella da meningococco, una febbre emorragica o una sindrome influenzale. In quel caso la diagnosi sarebbe molto veloce, ma se si trattasse di qualcosa di nuovo allora occorrerebbe più tempo. Fino ad allora azzardare ipotesi è facile, ma al momento molte cose non sono note. L'anemia, ad esempio, potrebbe essere spiegata da fenomeni di malutrizione, malaria e dalla situazione sanitaria di base della zona". L'area, spiega il professore, è caratterizzata da frequenti contatti uomo-animale e non è nuova a eventi del genere, particolarmente drammatici ma che, spesso, non hanno conseguenze per il resto del mondo. "Il Congo è molto abituato ad avere a che fare con le febbri emmoragiche e sanno come agire per contenere quel tipo di focolaio. Diverso se si trattasse si una malattia respiratoria. Sicuramente le autorità devono prestare molta attenzione, informando i viaggiatori che intendono recarsi nella zona".
P. Rasmussen--BTZ